PROCEDURA ESECUTIVA E DIRITTO ALL’ABITAZIONE

Secondo la Corte di Giustizia Europea va bloccato il pignoramento eseguito sulla prima casa del consumatore, se il contratto di mutuo contiene clausole vietate dalla Direttiva UE/93/2013

 

Il Giudice nazionale può bloccare provvisoriamente la Banca o la Finanziaria che mette all’asta la casa se nel contratto di mutuo sono presenti delle clausole “abusive”, ovvero tutte quelle clausole vietate dalle direttive UE e che la banca o la finanziaria hanno fatto comunque firmare al cliente. Essendo secondo la Corte di Giustizia Europea il diritto all’abitazione un diritto intangibile ed è tutelato anche dalla Unione Europea.

E’ quanto ha stabilito la Corte di Giustizia Europea con la sentenza del 10 settembre 2014 III Sezione Causa C-34/13.
Infatti la Corte Europea ricorda che va rispettata la direttiva 93/13/CEE relativa alle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
Così se la banca o la finanziaria ha fatto firmare clausole abusive, l’ipoteca è nulla ed il pignoramento (come la successiva vendita all’asta) vanno bloccate.

Il diritto all’abitazione in sostanza prevale nel caso di applicazione di clausole vietate dall’UE.
Inoltre al fine di preservare i diritti attribuiti ai consumatori dalla direttiva 93/13, gli Stati membri sono tenuti, in particolare, in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, ad adottare meccanismi di tutela tali da far cessare l’utilizzazione delle clausole qualificate come abusive. Ciò è del resto confermato dal “ventiquattresimo considerando” di tale direttiva che precisa che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi devono disporre di mezzi adeguati ed efficaci rispetto a tale obiettivo.

In particolare, in base alla giurisprudenza costante della Corte europea relativa al principio di leale cooperazione, ora sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, pur conservando la scelta delle sanzioni applicabili alle violazioni del diritto dell’Unione, gli Stati membri devono vegliare a che esse abbiano un carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo.
Per quanto riguarda il carattere proporzionale della sanzione, occorre prestare particolare attenzione alla circostanza che il bene oggetto del procedimento di esecuzione stragiudiziale sulla garanzia di cui al procedimento principale è il bene immobile che costituisce l’abitazione della famiglia del consumatore.
Infatti, la perdita dell’abitazione familiare non è solamente idonea a violare gravemente il diritto dei consumatori, ma pone i familiari del consumatore interessato in una situazione particolarmente delicata.

A tale proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha considerato, da un lato, che la perdita dell’abitazione costituisce una delle più gravi violazioni al diritto al rispetto del domicilio e, dall’altro, che qualsiasi persona che rischi di esserne vittima deve, in linea di principio, poter far esaminare la proporzionalità di tale misura (v. sentenze Corte EDU, McCann c. Regno Unito, n. 19009/04, § 50, CEDU 2998, e Rousk c. Svezia, n. 27183/04, § 137).
Nel diritto dell’Unione, il diritto all’abitazione è un diritto fondamentale garantito dall’articolo 7 della Carta, che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione nell’attuazione della direttiva 93/13.

Per quanto riguarda in particolare le conseguenze che comporta l’espulsione del consumatore e della famiglia dall’abitazione che costituisce la loro residenza principale, la Corte ha già sottolineato l’importanza, per il giudice competente, di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere un procedimento illegittimo di esecuzione ipotecaria o a bloccarlo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulta necessaria per garantire l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13.
Nella fattispecie, la possibilità per il giudice nazionale competente di adottare un qualsiasi provvedimento provvisorio, sembra costituire uno strumento adeguato ed efficace per far cessare l’applicazione di clausole abusive, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.

Dalle considerazioni svolte risulta che le disposizioni della direttiva 93/13 devono essere interpretate nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente il recupero di un credito fondato su clausole contrattuali eventualmente abusive, attraverso la realizzazione stragiudiziale di un diritto reale di garanzia costituito sul bene immobile dato in garanzia dal consumatore, qualora tale normativa non renda praticamente impossibile o eccessivamente arduo l’esercizio dei diritti che tale direttiva conferisce al consumatore, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.

Infatti, il quadro normativo dell’unione su cui si è mossa la Corte di Giustizia è stato così succintamente rappresentato prevede all’articolo 7 della Carta così recita: «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni».
L’articolo 38 della Carta prevede che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.

L’articolo 47 della Carta prevede quanto segue:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo».

Il dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo e ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 sono formulati come segue:
«considerando tuttavia che per le legislazioni nazionali nella loro forma attuale è concepibile solo un’armonizzazione parziale; che, in particolare, sono oggetto della presente direttiva soltanto le clausole non negoziate individualmente; che pertanto occorre lasciare agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato [CE], un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle della presente direttiva;
considerando che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive; che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (…); che a questo riguardo l’espressione “disposizioni legislative o regolamentari imperative” che figura all’articolo 1, paragrafo 2, comprende anche le regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo;
considerando che spetta agli Stati membri fare in modo che clausole abusive non siano incluse nei contratti stipulati con i consumatori; (…)
considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

L’articolo 1 della direttiva 93/13 prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.
Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (…) non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

L’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva così stabilisce:
«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva dispone che «[g]li Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali (…)».

L’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:
«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Ci si domanda a questo punto quali siano le clausole abusive previste dalla direttiva 93/13.
Ne fornisce la definizione il suo art. 3 dove sono indicate come clausole contrattuali, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto. Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano stati oggetto di negoziato individuale non esclude l’applicazione del presente articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione.

Qualora il professionista affermi che una clausola standardizzata è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l’onere della prova. E’ la stessa Direttiva 93/13 che nell’allegato alla stessa contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive a cui poter far riferimento per poter fermare e bloccare il pignoramento della prima casa ad opera delle procedure esecutive di banche e finanziarie per mutui concessi con clausole considerate nulle dalle previsione della Direttiva 93/13.

 

 

 

Avvocato presso il Consiglio dell’Ordine di Napoli. Diritto civile, in particolare nel contenzioso, procedure esecutive immobiliari, diritto comunitario, arbitrato e mediazione nazionale ed internazionale, diritto di famiglia, risarcimento del danno nell’ambito della responsabilità medica.

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