Assegni di divorzio, i nuovi criteri tutelano di più le donne del Sud

La recente sentenza della Cassazione, a Sezioni Unite, nel travolgere il recente criterio dell’autosufficienza economica, introdotto dalla contestata sentenza dello scorso anno, restituisce al matrimonio il suo carattere solidaristico.
A chi reclama un intervento normativo in materia di assegno divorzile rispondo preoccupato che il nostro legislatore negli ultimi tempi ha dato il peggio di se e che la materia non può essere mortificata da asettici criteri tabellari.
In questa fase di grande confusione, dovuta alle poco illuminanti sentenze della Cassazione, spetterà agli avvocati e ai giudici di merito lavorare insieme per elaborare nuovi criteri giurisprudenziali che, nell’esaminare caso per caso nel contempo salvaguardino i principi di solidarietà e pari dignità dei coniugi e contrastino insopportabili comportamenti speculativi.

Questo è il testo del mio intervento pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno (Campania) dello scorso 19 luglio.

Assegni di divorzio, i nuovi criteri tutelano di più le donne del Sud
di Alessandro Senatore Avvocato cassazionista e presidente di «Unicamente Rete di professionisti»

Caro direttore, il dibattito — giurisprudenziale e non — attorno alla questione dell’assegno divorzile è, da tempo immemore, foriero di dubbi e attriti. Nel tentativo di dirimere i conflitti tra gli ex coniugi ed i contrasti interpretativi tra gli operatori del diritto, la Cassazione civile è intervenuta a più riprese con sentenze che hanno segnato dei punti di svolta importanti. Dopo la nota sentenza numero 11504/2017 con la quale, non senza suscitare qualche perplessità, la Corte di Cassazione si era pronunciata affermando l’eliminazione, dai criteri di determinazione dell’assegno divorzile all’ex coniuge, del riferimento al tenore di vita in costanza di matrimonio, di recente la Cassazione, questa volta a Sezioni Unite, è intervenuta nuovamente sulla questione. La sentenza numero 18287/2018 dello scorso 11 luglio ha, in un certo qual modo, aggiustato il tiro della pronuncia precedente che a molti, tra gli addetti ai lavori, era apparsa troppo radicale e difficilmente adattabile in un ambito così delicato e peculiare come quello dei rapporti matrimoniali. Se la sentenza del 2017, infatti, aveva attribuito priorità all’applicazione del principio della pari dignità di genere rispetto al principio di solidarietà tra ex coniugi, con lo scopo di evitare che il rapporto matrimoniale, anche se definitivamente estinto sul piano personale, potesse dare adito al perpetuarsi di ingiustificati vincoli patrimoniali ultronei rispetto al divorzio, questa volta le Sezioni Unite sono giunte a considerare che non tutti i matrimoni rispondono alle medesime dinamiche. Si tratta di un traguardo importante che, senza smettere di guardare al futuro e dunque ai mutamenti di costume che sono intervenuti nella nostra società e che, correttamente, hanno valorizzato l’indipendenza e l’autonomia della donna e richiamato ciascun coniuge all’autoresponsabilità, non dimentica di considerare quei nuclei familiari in cui le scelte di vita economiche e personali risultano ancora legati a retaggi del passato o a condizioni contingenti.

La sentenza delle Sezioni Unite, che non ha reintegrato il criterio del «tenore di vita», contempla una serie di parametri compositi in cui assume preliminare importanza il contributo apportato dal coniuge alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto all’assegno divorzile. Alla pronuncia del 2017 erano seguite una serie di sentenze che nella rigida affermazione del principio dell’indipendenza e autosufficienza economica penalizzava il coniuge debole considerato, dopo il divorzio, come individuo avulso dal pregresso familiare e personale nonché dal contesto economico e sociale di appartenenza. I parametri delineati con la sentenza del 2017, infatti, non tenevano in considerazione quei matrimoni tuttora numerosi in cui le donne, per indole o cultura familiare, decidono di dedicarsi completamente alla cura dei figli e della casa, trascurando la professione o, ancora, quelle crisi coniugali intervenute in età avanzata, quando l’ingresso nel mercato del lavoro diventa più difficile, specie in realtà come quelle del Mezzogiorno in cui il lavoro manca o è mal pagato. Allo stesso tempo, questa sentenza riporta al centro della questione la figura dell’avvocato matrimonialista il fondamentale compito di sapere rappresentare scrupolosamente al giudice la presenza di uno squilibrio economico sussistente tra i due coniugi e l’apporto effettivo, in termini di sacrifici anche di carattere personale, prestato dal coniuge richiedente l’assegno.

Un grande lavoro in sede probatoria che comporterà, alla luce delle regole processuali vigenti, una dilatazione dei tempi del processo che già adesso appaiono inconciliabili con i tempi della vita quotidiana che, certamente, non può restare cristallizzata al momento della fase istruttoria. Il rischio, dunque, è quello di ottenere sentenze che arrivano troppo in ritardo mentre nel frattempo nella vita degli ex coniugi sono intervenuti profondi cambiamenti, personali o economici. Quello che ci si auspica è che il legislatore italiano intervenga sull’assetto processuale al fine di snellire la procedura in modo da consentire agli operatori del diritto di operare compiutamente ed a quanti si apprestano ad affrontare il dolore di un fallimento coniugale di poter riprendere in mano la propria esistenza in tempi brevi e nel migliore dei modi.

Alessandro Senatore, nato a Napoli il 7 giugno 1959, avvocato patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione, si è laureato in giurisprudenza nel 1984.presso l’Università Federico II di Napoli
Nel 1988 ha fondato  lo Studio Legale Senatore che svolge la propria attività nel settore civile.
La sua solida formazione professionale, consolidata da una vasta esperienza nell’ambito del contenzioso, gli ha permesso di dedicarsi, con particolare attenzione, agli aspetti riguardanti la materia del diritto di famiglia e delle successioni
Mediatore Sistemico Familiare presso l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale Familiare (ISPPREF ) di Napoli è fautore della mediazione, come pratica efficace per la soluzione dei conflitti
Consigliere del Presidente dell’UIA (Unione Internazionale degli Avvocati) nel 2014/2015 è da anni componente della Commissione di Diritto Matrimoniale di questo importante organismo internazionale.

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Le start up innovative

Il progredire tecnologico, un’opportunità di approfondimenti anche giuridici e la tempestività nelle risposte dei consulenti giuridici

Sempre di più, nel sentire quotidiano, si utilizza il termine start up il quale corrisponde a realtà imprenditoriale ben determinata, soprattutto in Italia, essendo oggetto di leggi speciali fortemente incentivanti e agevolative: a partire dalla semplificazione nella costituzione.

Da una parte l’intraprendenza di tanti giovani che hanno voglia e capacità di affacciarsi al mondo dell’impresa col desiderio di mettere a frutto doti informatiche e le visioni innovative del mondo degli affari e degli interessi anche in ambito sociale.

Dall’altra i tradizionali percorsi per trasformare gli iniziali accordi tra amici in rapporti societari che reggano nel tempo e che diventino anche lo strumento giuridico per affrontare il non facile mondo delle realtà imprenditoriali, anch’esse sempre più complesse.

L’idea e le capacità ci sono e si è anche scelto il team giusto e affiatato: gli accordi da prendere sono tanti, magari perché uno ha avuto l’idea, ma è poco capace nell’attuarla, un altro è a tempo pieno lo sviluppatore, un altro trova il primo investitore o cliente: nel gergo si chiama gestire l’equity di ogni founder.

Le tante riflessioni comuni le tante parole devono concretizzarsi e devono assumere una veste tecnica: occorre una corretta veste giuridica e per far ciò il modo migliore per partire e di rivolgersi consulenti esperti. Gli strumenti sono ipertecnici anche e forse soprattutto per traghettare idee innovative in accordi societari; si potrà pensare a patti parasociali ma occorre aver consapevolezza che essi prima della costituzione della società rientrano nei contratti preliminari i quali devono, pertanto, rispettare, a pena di nullità, la forma prescritta per la costituzione della società e precisamente quella di atto pubblico.

Se la fase preliminare degli accordi è complessa lo è anche la successiva e cioè quella attuativa. Le domande maggiormente ricorrenti sono: come posso costituire la s.r.l., spendendo il meno possibile, anche per i futuri oneri fiscali –  cosa devo inserire nello statuto e nell’atto costitutivo, ad es. con un forte interesse all’exit –  posso aprire una s.r.l.s., così spendo di meno –  quali potranno essere i costi: consulenti, commercialista ecc. –  meglio aprire in Italia o all’estero.

Le esigenze sono sempre più complesse perché le relazioni e i contatti sono in costante progressione, ognuno ha libero accesso a infiniti sguardi sul mondo imprenditoriale a volte dimenticandosi che probabilmente potrà essere il futuro proprio concorrente. Lo startupper ha estese conoscenze che spesso però rimangono superficiali perché nell’ordinamento giuridico valgono una serie di principi che non si sorreggono su approssimazioni ma su tesi e antitesi attentamente valutate. Ne consegue che chi vorrà, ad esempio, voler promettere quote della società in cambio di prestazioni di servizi e/o di opere o dovrà necessitare di ulteriore capitale di rischio dovrà concretizzare le idee in precisi articoli degli statuti societari, in apposite scelte societarie, in delibere inoppugnabili e per far ciò è utile se non indispensabile il consulente giuridico per prevenire errori e pericoli.

Di pari passo vi è necessità di assistenza nella preliminare disamina dei documenti che l’investitore sottoporrà all’attenzione dello startupper, cd. termsheet di investimento e ad esempio nella redazione e operatività di clausole a garanzia dei soci costituenti.

Nel concetto di start up vi è anche quello di coltivare un’idea innovativa affinché il progetto possa replicarsi nel mercato, e anche in tal caso gli scenari sono diversificati a partire dalla esatta e capillare individuazione dei potenziali interessati anche a mezzo di una valutazione degli strumenti giuridici più appropriati e sicuri per operazioni che si mantengano stabili nel tempo.

In conclusione le leggi speciali hanno dato una forte spinta soprattutto per il sistema di  deroghe anche rilevante rispetto ai canoni societari tradizionali, basti pensare alla non fallibilità delle start up innovative ma vi è al contempo l’esigenza che si impari a utilizzare al meglio i nuovi impianti giuridici e per far ciò è indispensabile l’imprenditore lungimirante e amante del voler far e far bene, consapevole dei propri limiti e, quindi, anche compiaciuto nel saper farsi adiuvare da validi coadiutori anche nell’ambito dei consulenti giuridici.

Avv. Giuseppe Sparano, nato a Napoli il 18.2.1965
Laureato nel 1987 con lode, presso l’Università Federico II di Napoli
Iscritto all’Albo degli Avvocati di Napoli dal 22.2.1991 -patrocinio presso le Corte Superiori.
Dottore di ricerca in Diritto delle Imprese in crisi –  Università Federico II di Napoli
Docente di Diritto Commerciale corso in “Diritto dei contratti d’impresa” nelle Scuole di Specializzazione delle Professioni Università Federico II di Napoli e Università Vanvitelli (già  Seconda Università di Napoli).
Presidente dei Collegio dei probiviri della Camera degli Avvocati Civili di Napoli (già segretario e tesoriere).

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MASSIME della Cassazione Penale

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza emessa in data 10/11/2017 n.55525, ha annullato senza rinvio, previa riqualificazione del fatto contestato, la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma che  aveva confermato la decisione del Tribunale di Rieti  che aveva riconosciuto l’imputato colpevole del delitto di truffa aggravata in danno dell’Inpdap per l’omessa comunicazione all’istituto del decesso del genitore percettore di pensione.

La Corte di Cassazione, nell’accogliere la prospettazione difensiva secondo cui il comportamento omissivo contestato all’imputato non si prestava a costituire l’elemento strumentale della truffa, sulla scia di  quanto già affermato dalle Sezioni Unite con la pronuncia n.16568/200, ha statuito: “Questa Corte ha precisato che integra la fattispecie criminosa di cui all’art. 316 ter cod. pen. e non quella di truffa aggravata l’indebita percezione della pensione di pertinenza di soggetto deceduto, conseguita dal cointestatario del medesimo conto corrente su cui confluivano i ratei della pensione, che ometta di comunicare all’Ente previdenziale il decesso del pensionato (Sez. 2, n. 48820 del 23/10/2013, Brunialti, Rv. 257430), evidenziando che quello che essenzialmente rileva ai fini della distinzione tra le due fattispecie è l’elemento costituito dalla induzione in errore, assente nel primo di detti reati e presente, invece, nel secondo. Nel solco tracciato dalla pronunzia delle Sezioni Unite, n. 16568 del 19/04/2007 , Carchivi, Rv. 235962, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che l’ambito di applicabilità dell’art. 316 ter c.p. abbraccia situazioni residuali rispetto alle contigue fattispecie ex artt. 640, comma 2, e 640 bis cod.pen., come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale, intercorrendo tra le fattispecie un rapporto di sussidiarietà e non di specialità. Pertanto, il meno grave delitto di cui all’art. 316 ter è configurabile solo quando difettino nella condotta gli estremi della truffa (Sez. 2, n. 23163 del 12/04/2016, Oro, Rv. 266979; n. 49642 del 17/10/2014, Ragusa, Rv. 261000). Deve, pertanto, ritenersi che integri la fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e non di truffa aggravata, per assenza di un comportamento fraudolento in aggiunta al mero silenzio, la condotta di colui che ometta di comunicare all’istituto erogante il trattamento pensionistico il decesso del congiunto titolare dello stesso, così continuando a percepirlo indebitamente, come nella specie accaduto.”

La condotta  tenuta dall’imputato essendo, infatti, consistita unicamente nell’omessa comunicazione all’Inpdap del decesso del genitore, e non  essendo  tale comportamento omissivo stato accompagnato da ulteriori comportamenti fraudolenti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, non integra l’artifizio e raggiro richiesto per poter configurarsi il reato di truffa aggravata ex art.640 bis c.p..

Ciò che rileva ai fini della distinzione tra le due fattispecie è l’elemento costituito dalla induzione in errore, assente nel reato previsto e punito dall’art.316 ter c.p. e presente, invece, in quello p.e p. dall’art.640 bis c.p..  L’assenza di un positivo comportamento fraudolento rileva nella configurabilità di una o l’altra ipotesi delittuosa.

L’art.316 ter c.p. punisce tutte le condotte non fraudolenti nel conseguimento di erogazioni pubbliche: condotte che, pur avendo causato l’indebita percezione di erogazioni pubbliche, non siano propriamente consistite in artifici o raggiri. E tale condotta essendo  considerata dal Legislatore di minore disvalore  è  punita in maniera meno grave rispetto alla truffa aggravata.

E’ necessario sottolineare che dalla pronunzia delle dalle Sezioni Unite del 19 Aprile del 2007 n.16568, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che l’ambito di applicabilità dell’art.316 ter c.p. comprende ipotesi  residuali rispetto alle fattispecie previste negli articoli 640 e 640 bis c.p., come quelle del mero silenzio o di condotte che non inducano in errore lo Stato o l’Ente erogatore  della disposizione patrimoniale, intercorrendo tra le fattispecie un rapporto di sussidiarietà e non di specialità. Pertanto, laddove difettino nella condotta dell’imputato  gli estremi della truffa si configura sempre  il meno grave delitto di cui all’art.316 ter c.p.

Giuseppe Biondi, nato a Napoli il 9 Luglio 1971,avvocato abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, si è laureato in Giurisprudenza nel 1996 presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”.

E’ stato cultore della materia in  Criminologia e Legislazione Minorile presso l’Università degli studi di Napoli “FedericoII” e si è formato professionalmente presso importanti studi legali specializzati in diritto penale.

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