Effetti della pandemia sui contratti – tesi dell’unitarietà – Avv. Giuseppe Sparano

Sul noto presupposto dell’articolazione codicistica tra i Capi e le diverse Sezioni delle obbligazioni in generale (con le dicotomie e complementarietà ad es. degli l’artt.1176 e 1218 c.c.), resa ulteriormente complessa dagli indispensabili raffronti con la normativa concernente i contratti in generale e quelli singoli, l’attuale indagine si limita all’inadempimento (come vicenda dell’obbligazione) per verificarne le ipotesi e gli effetti della non imputabilità.
La dichiarata pandemia e i relativi provvedimenti legislativi adottati in Italia nell’ultimo periodo sono da qualificarsi come factum principis caratterizzato da essere un evento:
– estraneo alla sfera di controllo del contraente
– inevitabile (trattasi di provvedimenti a tutela della collettività ed il singolo, pur avendone teoricamente facoltà, ha un interesse inesistente o alquanto affievolito ad impugnarli).
La potestà legislativa che ha consentito anche soltanto alcuni specifici intervenuti sui contratti di lavoro (Titolo II D.L. 18/2020 Misure a sostegno del lavoro – artt.20 e ss. attribuendo in particolare anche la specifica codifica causale ex art.8 DM 9544/2016), sui contratti di patrocinio legale (Titolo V Ulteriori misure – art.83 e ss. sospensione delle udienze/procedimenti), su contratti di soggiorno e di acquisto di titoli di accesso a spettacoli di qualsiasi natura (art.88) e su alcuni contratti di appalto pubblico (art.91 col quale è aggiunge il comma 6 bis all’art.3 del DL 6/2020 convertito con modificazioni con Legge 13/2020) è, a mio avviso, sufficiente affinché sul piano giuridico ciò debba necessariamente valere per tutti i contratti.
In ogni contesto in cui l’adempimento o meglio l’inadempimento è in stretto rapporto causale con la legislazione limitativa ricorre l’esimente. Le regole codicistiche sono generali e i principi di coerenza giuridica e di equanimità prevedono che una volta applicate anche soltanto ad alcune delle predette fattispecie devono riguardare l’intero sistema: se il presupposto dell’impossibilità sopravvenuta è il medesimo anche gli effetti lo devono essere.
Al contempo il predetto evento esimente deve essere in rapporto causale con l’effettiva impossibilità di adempiere.
Il principale ambito di intervento della decretazione d’urgenza è l’inibizione per legge di un corposo numero di attività produttive al quale si aggiunge quella degli spostamenti sul territorio (riguardante prevalentemente le attività di trasporti anche se di minore impatto stante la deroga per conclamata necessità).
La complessiva entità dei molteplici contratti di ogni singola attività produttiva forzatamente impedita dalla decretazione, a mio avviso, subisce la modifica del sinallagma e dei reciproci obblighi dei contraenti con i relativi effetti da valutare, a seconda dei casi, a mezzo delle regole codicistiche e di eventuali contrattualizzate clausole in caso di pandemia.
La disamina di alcune ipotesi concrete da per presupposto che l’indagine concerne quei contratti i cui termini per l’adempimento non è ancora scaduto (o scaduto nelle more della decretazione) e di quelli ad esecuzione continuata o periodica.
Nei contratti di fornitura in cui la merce non è stata consegnata, l’acquirente al quale è stata impedita l’attività ha il diritto a far valere la cessazione dell’interesse alla merce rispetto al venditore che ne attende il pagamento.
A mio avviso ricorre l’impossibilità sopravvenuta stante il diretto rapporto causale con l’esimente: l’acquisto è funzionale all’attività. Le conseguenze sono il diritto di non adempiere ed evitare la consegna senza ulteriori aggravi. Similare situazione è quella in cui la merce sia stata già consegnata con il diritto a poterla restituirla senza adempiere al pagamento. In entrambi i casi gli effetti sono l’estinzione delle reciproche obbligazioni ai sensi dell’art.1256 c.c. E’ ipotizzabile che ciò valga per l’intera filiera anche a monte del fornitore per i contratti di approvvigionamento della materia prima e così via, con i dovuti discrimini per il permanere del necessario rapporto causale nella sua continuità.
Tra i contratti a prestazione continuata, le obbligazioni concernenti le locazioni subiscono, a mio avviso, similari conseguenze. Al contempo ricorre la peculiare previsione dell’art.1467 c.c. che consente anche la modifica concordata delle condizioni del contratto (l’ipotesi codicistica di “avvenimenti straordinari ed imprevedibili” possono ricondursi alla descritta medesima impossibilità sopravvenuta). Il conduttore la cui attività produttiva è stata impedita dalla decretazione d’urgenza ha il diritto di ritardare il pagamento dei canoni e/o di concordarne di diversi.
Per i contratti di patrocinio legale la prestazione è anch’essa impedita e ciò vale quale esimente da imputazioni di inadempimento. Al contempo, come in molteplici altri rapporti contrattuali, l’impossibilità è temporanea e gli effetti sono sia quelli stabiliti dal citato art.1467 c.c. e sia dall’art.1256, co.2 c.c.. Ai contraenti è rimessa la valutazione sul titolo dell’obbligazione e sulla natura dell’oggetto: ad esempio il cliente, quale creditore della prestazione, può dichiarare di non averne più interesse con estinzione dell’obbligazione, oppure il legale, per il perdurare dell’impossibilità può ritenere di non poter più espletare l’incarico ed anche in tal caso ricorre l’estinzione.
L’interesse delle parti alla prosecuzione o all’estinzione del contratto è coerente alla peculiare ipotesi di impossibilità sopravvenuta di carattere non definitivo (come invece
fu ad es. il divieto di meretricio imposto nel 1956 dalla cd legge Merli o i divieti a contrarre disposti dalle leggi razziali del 1939 in danno dei cittadini qualificati di “razza ebrea”). La temporaneità è inoltre per un periodo di tempo indeterminato (corrispondente a quanto durerà l’emergenza e sino a quando non verranno revocati i provvedimenti assunti) con un precedente rinvenibile nella legislazione speciale sugli ammassi agricoli del 1939, rimasta in vigore ben oltre la conclusione del secondo conflitto mondiale.
Avv. Giuseppe Sparano
Dottore di ricerca
Università Federico II Napoli

Avv. Giuseppe Sparano, nato a Napoli il 18.2.1965

Laureato nel 1987 con lode, presso l’Università Federico II di Napoli
Iscritto all’Albo degli Avvocati di Napoli dal 22.2.1991 -patrocinio presso le Corte Superiori.
Dottore di ricerca in Diritto delle Imprese in crisi –  Università Federico II di Napoli
Docente di Diritto Commerciale corso in “Diritto dei contratti d’impresa” nelle Scuole di Specializzazione delle Professioni Università Federico II di Napoli e Università Vanvitelli (già  Seconda Università di Napoli).
Presidente dei Collegio dei probiviri della Camera degli Avvocati Civili di Napoli (già segretario e tesoriere).

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