Consiglio di Stato, sez. V, 30/10/2017,  n. 4979

Massima

L’art. 40 comma 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 fissa un termine perentorio ai fini della presentazione dell’istanza di sanatoria per opere abusive relative a immobili assoggettati a procedure esecutive che però deve razionalmente raccordarsi all’ipotesi in cui sia immediatamente e inequivocamente percepibile l’esistenza dell’illecito edilizio.

Ne consegue che nella specie il termine ex art. 40 comma 6 non poteva decorrere dalla data dell’atto di trasferimento, dovendo riferirsi invece al momento dell’effettiva scoperta e conoscenza dell’opera abusiva, che, in difetto di elementi di segno contrario, e secondo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegato all’istanza di condono, deve farsi risalire al momento della conseguita consegna dell’immobile, per effetto dell’esecuzione dell’ordine di rilascio.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9499 del 2011, proposto da:

Nunzia De Ceglia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Lojacono e Alessandro Barbieri e presso il loro studio elettivamente domiciliata in Roma, alla via Leon Pancaldo n. 26, per mandato a margine dell’appello;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Raimondo Angela e con questi elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura comunale, in Roma, alla via del Tempio di Giove n. 21, per mandato in calce all’atto di costituzione in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 3851 del 4 maggio 2011, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 9573/2002, proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 58340 del 19 marzo 2002, comunicata con successiva nota del 18 giugno 2002, recante diniego di condono edilizio in relazione alla tardività dell’istanza in quanto presentata oltre il termine di centoventi giorni dalla data di trasferimento dell’immobile ex art. 40 comma 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi per l’avv. Nunzia De Ceglia, per delega degli avv.ti Francesco Lojacono e Alessandro Barbieri, appellante e l’avv. Domenico Rossi, per delega dell’avv. Angela Raimondo, per Roma Capitale appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) L’avv. Nunzia De Ceglia ha acquistato in comproprietà con Maria Giuseppina Bitonti un immobile residenziale ubicato in Roma, alla via Fasana n. 16, piano I, scala A, interno 4, con annesse pertinenze, costituite da un terrazzo di mq. 36 circa al piano attico e da un locale al piano servizi, in esito a procedura esecutiva immobiliare.

L’immobile è stato trasferito in proprietà con decreto del Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Roma del 14 giugno 2001, trascritto il 20 settembre 2001, che disponeva il rilascio dell’immobile, poi conseguito, a seguito di precetto e primo accesso, in data 10 dicembre 2001, come da relativo verbale.

Con istanza pervenuta all’amministrazione comunale il 18 marzo 2002, le comproprietarie acquirenti hanno chiesto di poter condonare un’opera abusiva realizzata sul terrazzo al piano attico, integrante ambiente “residenziale” di mq. 26,98 (per volume vuoto per pieno di mc. 70,41), con versamento in unica soluzione dell’oblazione di € 1.505,00, della quale, secondo la dichiarazione sostitutiva di atto notorio allegata all’istanza, esse hanno avuto contezza soltanto a seguito del rilascio dell’immobile.

Con determinazione dirigenziale n. 58340 del 19 marzo 2002, comunicata con successiva nota del 18 giugno 2002, è stata rigettata l’istanza di condono edilizio “…essendo decorsi oltre 120 giorni – termine previsto dall’art. 40 co. 6 ex lege 47/85 – dalla data di trasferimento dell’immobile interessato dalle opere abusive”.

Con il ricorso in primo grado n.r. 9573/2002, l’avv. De Ceglie, costituita in proprio, ha impugnato il diniego di condono edilizio, deducendone l’illegittimità sotto vari profili, profilando subordinata questione di costituzionalità dell’art. 40 comma 6 della legge n. 47/1985.

Con la sentenza n. 3851 del 4 maggio 2011 il ricorso è stato rigettato, sul rilievo che:

– l’’art. 40 comma 6 introduce eccezionale fattispecie di sanatoria di opere edilizie nel quadro del regime a sua volta derogatorio introdotto dalle disposizioni sul condono edilizio, ricollegando il termine per la presentazione dell’istanza irrefragabilmente all’atto del trasferimento, connesso all’esito di procedure esecutive anche concorsuali, senza che possa invocarsi alcun affidamento o possa rilevare la buona fede dell’acquirente;

– non sussistono evidenti profili di non manifesta infondatezza dell’evocata questione di costituzionalità dell’art. 40 comma 6 proprio in funzione del rilievo oggettivo dell’abuso edilizio, dell’inesistenza di profili di affidamento o di rilievo della buona fede dell’acquirente e della “inusuale lunghezza” del termine per la presentazione della domanda di sanatoria.

Con appello notificato il 4 novembre 2011 e depositato il 1° dicembre 2011, l’avv. De Ceglia ha impugnato la sentenza, deducendo in sintesi i seguenti motivi:

1) Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 comma 6 della legge n. 47/1985 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c. – Omesso esame punti e documenti decisivi della controversia – Motivazione insufficiente, contraddittoria, illogica, perché la disposizione dell’art. 40 comma 6 della legge n. 47/1985, interpretata alla luce della sua ratio e coordinata con quella dell’art. 586 c.p.c., deve essere intesa nel senso che il termine decorre non già dalla data del decreto di trasferimento dell’immobile, sebbene da quella della sua consegna all’acquirente, nella quale si rende conoscibile l’effettivo stato di fatto e quindi anche l’esistenza di eventuali opere abusive.

2) Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 comma 6 della legge n. 47/1985 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c. – Omesso esame punti e documenti decisivi della controversia – Motivazione insufficiente, contraddittoria, illogica, ribadendosi che nel caso di specie non viene in rilievo una astratta tutela dell’affidamento dell’acquirente, sebbene la conoscibilità dell’esistenza dell’abuso edilizio.

3) Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985 – Violazione dell’art. 112 c.p.c. – Omesso esame punti decisivi della controversia – Motivazione illogica, insufficiente, contraddittoria, con riferimento alla ritenuta manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, riproposta sub:

4) Questione di illegittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 42 e 97 Cost., in quanto l’art. 40 comma 6, se interpretato nel senso preclusivo della sanatoria, introduce ingiustificata disparità di trattamento in danno di acquirenti d’immobili abusivi in esito a procedure esecutive, manifestamente incolpevoli ed estranei all’abuso, con compressione ingiustificata del diritto di proprietà, per esposizione alle sanzioni repressive edilizie, ivi compresa demolizione e acquisizione gratuita dell’area di sedime del manufatto-

Costituitasi in giudizio, Roma Capitale, con memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione, ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello, richiamando la motivazione della sentenza gravata.

Con memoria di replica, l’appellante ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.

All’udienza pubblica del 19 marzo 2013 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

2.) L’appello in epigrafe è fondato e deve essere accolto, onde in riforma della sentenza gravata e in accoglimento del ricorso in primo grado deve essere annullata la determinazione dirigenziale n. 58340 del 19 marzo 2002, salvi i provvedimenti ulteriori dell’amministrazione in ordine all’esame della domanda di condono edilizio.

Com’é noto l’art. 40 comma 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (come aggiunto dall’art. 8-bis, comma 4, del d.l. 23 aprile 1985, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 1985, n. 298 e, successivamente, sostituito dall’art. 7, comma 2, del d.l. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 13 marzo 1988, n. 68) dispone che:

Nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.

La disposizione fissa un termine perentorio ai fini della presentazione dell’istanza di sanatoria per opere abusive relative a immobili assoggettati a procedure esecutive che però deve razionalmente raccordarsi all’ipotesi in cui sia immediatamente e inequivocamente percepibile l’esistenza dell’illecito edilizio.

Nel caso di specie, il trasferimento riguardava in via principale l’appartamento, ex se legittimo, nonché due pertinenze, tra le quali il terrazzo in piano attico, riconosciute come tali e come parti indivisibili dell’immobile soltanto in esito alla perizia di stima del valore dell’immobile.

In effetti né nell’avviso di vendita all’incanto, né nella perizia di stima, né infine nel decreto di trasferimento si fa menzione alcuna della realizzazione sul terrazzo di un manufatto.

Ne consegue che nella specie il termine ex art. 40 comma 6 non poteva decorrere dalla data dell’atto di trasferimento, dovendo riferirsi invece al momento dell’effettiva scoperta e conoscenza dell’opera abusiva, che, in difetto di elementi di segno contrario, e secondo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegato all’istanza di condono, deve farsi risalire al momento della conseguita consegna dell’immobile, per effetto dell’esecuzione dell’ordine di rilascio, ossia al 10 dicembre 2001, data rispetto alla quale la presentazione dell’istanza di sanatoria (18 marzo 2002) è affatto tempestiva.

3.) Alla stregua dei rilievi che precedono, sono pertanto fondati il primo e secondo motivo d’appello, che assorbono l’evocata questione di costituzionalità della disposizione, da interpretare nei sensi, costituzionalmente adeguati, che precedono.

4.) In relazione alla novità e peculiarità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie l’appello in epigrafe n.r. 9499/2011, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 3851 del 4 maggio 2011 e, in accoglimento del ricorso proposto in primo grado, annulla la determinazione dirigenziale n. 58340 del 19 marzo 2002.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Avv. Alessandro Barbieri

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