CASSAZIONE CIVILE, SEZ. UNITE, 20 SETTEMBRE 2017, N.21854

FATTO E DIRITTO

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto tra numerosi punti se il Giudice del Tribunale di Salerno con provvedimento 19-20 settembre 2013 – ed anche con altri provvedimenti successivi- ha ritenuto che con riferimento  agli effetti sul procedimento di esecuzione forzata, il provvedimento favorevole reso dal pubblico ministero, ai sensi della L.44 del 1999, art.20 comma 7, come modificato dalla Ln.3 del 2012, art. 2 costituirebbe “condizione necessaria ma non sufficiente ai fini della sospensione del procedimento esecutivo, rientrando per sempre nella sfera delle competenze istituzionali del giudice dell’esecuzione il potere di valutare la sussistenza dei presupposti per la sua sospensione”

In presenza di un simile provvedimento la parte istante, cioè il debitore, evidentemente di esso beneficiario, avrebbe potuto reagire e, quindi, sollecitare una ridiscussione della questione:

  • o impugnando il provvedimento ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., cioè con opposizione agli atti esecutivi, siccome incidente sul quomodo dell’esecuzione per il tramite del rifiuto di dar corso degli effetti del provvedimento sulla “sospensione” di cui al comma 7;
  • ovvero alternativamente, pur in presenza dell’espressa esclusione, da parte del giudice dell’esecuzione, che l’istanza fosse stata introduttiva di un’opposizione ai sensi dell’art. 615 o 617 cod. proc. civ. e, dunque, della sua fase sommaria, siccome individuata dai paradigmi degli artt. 616 e 618 cod. proc. civ.:  reclamare comunque al Collegio ai sensi dell’art. 624, secondo e quarto comma, cod. proc. civ., sostenendo il contrario e, quindi, introdurre, dopo la decisione sul reclamo, la fase di merito di una di dette opposizione, secondo un’opzione ammessa dalla giurisprudenza di questa Corte (a partire da Cass. (ord.) n. 22033 del 2011); introdurre questa fase senza reclamare (sempre secondo quella opzione).

Per quanto attiene ai due provvedimenti, sempre del Tribunale di Salerno, ma in composizione collegiale, che risultano emessi in sede di reclamo ai sensi dell’art. 624 cod. proc. civ., si rileva che:
–  in uno di essi il reclamo è stato dichiarato inammissibile – dopo che il Tribunale ha motivato la tesi della vincolatività del provvedimento prefettizio, espressamente dichiarato doversi prendere atto dello stesso e, quindi della sospensione dei termini – perché il provvedimento reclamato, con cui il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di sospensione dalla debitrice esecutata, aveva invece escluso invece quella vincolatività, non sarebbe stato riconducibile all’ambito dell’art. 624 cod. proc. civ., ma sarebbe stato solo un provvedimento di quel giudice sull’esecuzione, come tale suscettibile di opposizione ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ.;
– nell’altro provvedimento, invece, risultando negata dal giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza reclamata, la vincolatività dell’effetto del provvedimento del Pubblico Ministero in un giudizio di opposizione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., il Tribunale salernitano, ribadendo l’avviso contrario al riguardo, ha accolto il reclamo e dichiarato l’intervenuta sospensione degli atti esecutivi.

Mentre nel primo caso, l’indicazione come mezzo di impugnazione dell’opposizione agli atti, avrebbe implicato la possibilità di introduzione ad iniziativa della parte interessata di un simile giudizio sull’assunto che comunque l’originaria istanza integrava quell’opposizione, nel secondo, essendo pacifico che l’istanza era stata proposta in seno ad un giudizio ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., parimenti si sarebbe potuto introdurre il giudizio a cognizione piena.

In conclusione, la Suprema Corte sancisce che i giudici di merito avrebbero dovuto attenersi ai seguenti principi di diritto:
“Il Giudice dell’esecuzione cui sia stato trasmesso il provvedimento del Pubblico Ministero che, sulla base dell’elenco fornito dal prefetto, dispone la “sospensione dei termini” di una procedura esecutiva a carico del soggetto che ha chiesto l’elargizione di cui alla L. n. 44 del 1999, non può sindacare Né la valutazione con cui il Pubblico Ministero ha ritenuto sussistente il presupposto della provvidenza sospensiva, Né l’idoneità della procedura esecutiva ad incidere sull’efficacia dell’elargizione richiesta dall’interessato.
Spetta invece al Giudice dell’esecuzione sia il controllo della riconducibilità del provvedimento del Pubblico Ministero alla norma sopra citata, sia l’accertamento che esso riguarda uno o più processi esecutivi pendenti dinanzi al suo ufficio, sia la verifica che nel processo esecutivo in corso o da iniziare decorra un termine in ordine al quale il provvedimento di sospensione possa dispiegare i suoi effetti”.

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