Lo status di figlio – tra favor veritatis e favor legitimitatis

Il padre biologico e l’azione di disconoscimento

 

Nell’ordinamento italiano l’istituto della filiazione è disciplinato prevalentemente nel Codice Civile, al titolo VII del libro I, agli artt. 231 – 290 c.c..

Il  nostro sistema giuridico prevede una serie di azioni giudiziali relative allo stato di figlio volte ad accertare la posizione giuridica della persona in rapporto ai suoi genitori, dunque sia per reclamare lo status di figlio, sia per contestarlo. La riforma della filiazione intervenuta tra il 2012 e il 2013 con la Legge n. 219/2012 ed il decreto legislativo n.154/2013 ha informato la disciplina al principio della unicità: lo stato giuridico di figlio è unitario (art. 315 c.c.), indipendentemente dal fatto che il progetto genitoriale si sia realizzato all’interno di una coppia legata da un vincolo coniugale o meno. In forza di tale principio tutte le forme di filiazione riconosciute dal nostro ordinamento (all’interno del matrimonio, fuori del matrimonio, adottiva) godono della medesima considerazione, relativamente alle situazioni giuridiche soggettive imputate al figlio ed alla sua posizione nella rete formale dei rapporti familiari (art. 74 c.c.). Ad una riconosciuta pluralità di stati familiari e di coppia si contrappone dunque l’unicità dello stato di filiazione (per cui “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”) che ha eliminato la differenziazione tra figli naturali (nati fuori dal matrimonio) e figli legittimi (nati al suo interno).

Tutta la disciplina è ispirata dalla ricerca di un bilanciamento tra due principi: il favor veritatis ed il favor legitimitatis.

La ricerca di tale equilibrio ha, come logico, informato anche gli interventi della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione dove si è assistito al susseguirsi di oscillanti orientamenti.

Nello specifico, la Cassazione ha dapprima affermato il principio secondo il quale la verità biologica del concepimento costituisce solo uno degli elementi da tenere in considerazione per valutare la corrispondenza della azione di disconoscimento della paternità all’interesse del minore (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26767), successivamente, ha sancito il principio secondo il quale l’accertamento della verità biologica ha carattere di preminenza, in quanto strettamente legato alla tutela dell’identità personale del figlio (Cass. 15 febbraio 2017, n. 4020). Di recente, con la pronuncia del 3 aprile 2017, n. 8617 la Cassazione è tornata sui suoi passi, sancendo la necessità di valutare la corrispondenza all’interesse del minore della rimozione dello stato di filiazione acquisito alla nascita.

La sentenza in esame, nello specifico, tiene conto dei principi che governano l’accertamento della filiazione, anche alla luce della recente Riforma del 2012-2013, delle indicazioni provenienti dall’ordinamento sovrannazionale, sia internazionale che europeo, e risente dei progressi registrati sul piano tecnico e scientifico, che determinano un elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini sul DNA

Il diritto al riconoscimento di uno status filiale che corrisponda alla verità biologica trova le fondamenta nel fatto che l’identità genetica costituisce un elemento essenziale del diritto all’identità personale sancito negli art. 30 commi 1 e 4 della Costituzione Italiana e nell’art. 8 CEDU, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare. (Cass. 15 febbraio 2017, n. 4020).

Alla luce di ciò, la Cassazione ha riconosciuto al figlio il diritto (e la facoltà) di mantenere il cognome di cui era precedentemente titolare se questo rappresenti un tratto distintivo della sua identità personale e ciò in quanto il cognome ha perso col tempo quella dimensione legata all’ordine pubblico per assumere la connotazione di un bene legato alla persona.

Allo stesso tempo, vi sono pronunce della Cassazione che, sempre richiamandosi alla Costituzione, alla CEDU e all’art. 24 comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della UE, sostengono che  la ricerca della verità biologica non gode di una preminenza assoluta, in quanto, nell’ottica di perseguire il superiore interesse del minore, è opportuno anche riconoscere una rilevanza alla certezza ed alla stabilità di quei rapporti affettivi sviluppatisi all’interno della famiglia in quanto anche su di essi si costruisce l’identità di figlio e non solo sul dato genetico. (tra le altre, Cass. 22 dicembre 2016, n. 26767).

La volontà del legislatore di perseguire un equilibrio tra l’interesse al mantenimento dello status di figlio e l’accertamento della verità della procreazione trova conferma nella vigente normativa in cui si prevede l’imprescrittibilità delle azioni di stato per il figlio che, in ogni tempo – anche da minorenne se rappresentato dal curatore – può decidere se proporle. Mentre prevede termini decadenziali per i genitori, seppure con opportuni distinguo.

Tra le sentenze che hanno dato il loro più significativo contributo alla questione rileva la n. 4020/2017, emessa all’esito di un procedimento instaurato con la richiesta da parte del sedicente padre biologico della nomina di un curatore speciale per il figlio minore affinché questi promuovesse azione di disconoscimento della paternità nei confronti del padre non biologico, ma coniugato con la di lui madre. Le circostanze portate a sostegno si fondavano sulla relazione che il sedicente padre biologico aveva intrattenuto con la madre del minore nel periodo del concepimento dello stesso. Il Tribunale, pur dichiarando inammissibile l’intervento in causa del sedicente padre biologico, con sentenza definitiva, giungeva a dichiarare che il minore non era il figlio del padre non biologico, marito della madre; decisione che veniva confermata anche in sede di appello.

La Corte di Cassazione con la suddetta sentenza ha confermato il ragionamento dei giudici di merito in quanto l’azione di disconoscimento di paternità proposta dal curatore speciale del minore infraquattordicenne era fondata sull’esistenza di una relazione sessuale, tra il sedicente padre biologico e la madre del minore nel periodo del concepimento dello stesso, confermata da tutte le parti in causa, nonché in forza della consulenza tecnica biologica che aveva accertato la non paternità del marito relativamente al figlio.

Con la sentenza in esame, la Corte sostanzialmente afferma che il favor veritatis non collide con il favor minoris in quanto la verità biologica costituisce una componente fondamentale dell’interesse del minore a veder garantito il diritto alla propria identità ed al riconoscimento di un rapporto di filiazione fondato sulla verità.

Inoltre, la Cassazione rileva che la sussistenza di un interesse del minore a promuovere l’azione di disconoscimento della paternità avviene all’interno del procedimento che conduce alla nomina di un curatore speciale, non già nel momento dell’esame del merito della vicenda in quanto manca qualsiasi riferimento normativo in tal senso e risulta un’inutile duplicazione.

Molteplici sono le perplessità a riguardo. Innanzitutto, la nomina del curatore avviene con procedimento camerale definito con decreto motivato ai sensi dell’art. 737 c.p.c. Le sommarie informazioni da acquisire, nel caso che l’istanza provenga dal PM per il figlio infraquattordicenne, riguardano l’opportunità o meno di nominare un curatore che promuova l’azione di disconoscimento in nome e per conto del minore. Tuttavia appare evidente come, data la delicatezza della materia, l’interesse del minore possa essere effettivamente valutato solo all’esito di un giudizio di cognizione piena, e non all’esito di “sommarie informazioni” costituisce una fattispecie obbligatoria.

Pertanto, l’unico momento utile nel quale è possibile effettivamente valutare l’interesse del minore ad essere disconosciuto si verifica nel corso del giudizio di merito e non prima, all’interno del procedimento che conduce ad una nomina che avviene per legge.

Infine merita una riflessione la mancata previsione legislativa che legittima l’azione di disconoscimento da parte del padre naturale.

Il padre naturale può accertare il rapporto di filiazione naturale solo se prima è stato rimosso lo stato di figlio “matrimoniale” contrario alla verità biologica da parte dei soggetti indicati dall’art. 243 bis c.c. (madre, padre e figlio).

L’unico strumento riconosciuto al padre biologico è quello ex art. 244, u.c., c.c., ossia la possibilità di rivolgersi al PM affinché domandi la nomina di un curatore speciale che promuova il disconoscimento.

Nel caso oggetto d’esame è stato consentito al sedicente padre biologico di attivare un’azione che non è legittimato a promuovere direttamente ma che, per il mezzo di un curatore speciale, può promuovere senza limiti di tempo. La conseguenza ulteriore è che tale impostazione consente al PM di intervenire in maniera decisiva nei delicati assetti familiari in virtù del principio del favor minoris che, così come impostato dalla sentenza n. 4020/2017 trova ragion d’essere solo se si attribuisce preminenza alla conoscenza della verità ad ogni costo.

Alessandro Senatore, nato a Napoli il 7 giugno 1959, avvocato patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione, si è laureato in giurisprudenza nel 1984.presso l’Università Federico II di Napoli
Nel 1988 ha fondato  lo Studio Legale Senatore che svolge la propria attività nel settore civile.
La sua solida formazione professionale, consolidata da una vasta esperienza nell’ambito del contenzioso, gli ha permesso di dedicarsi, con particolare attenzione, agli aspetti riguardanti la materia del diritto di famiglia e delle successioni
Mediatore Sistemico Familiare presso l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale Familiare (ISPPREF ) di Napoli è fautore della mediazione, come pratica efficace per la soluzione dei conflitti
Consigliere del Presidente dell’UIA (Unione Internazionale degli Avvocati) nel 2014/2015 è da anni componente della Commissione di Diritto Matrimoniale di questo importante organismo internazionale.

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