Le segnalazioni presso la Centrale d’Allarme Interbancaria

Quali sono le conseguenze del mancato pagamento degli assegni per difetto di provvista?

Il mancato pagamento di un assegno, bancario o postale, per assenza di provvista configura un’ipotesi di illecito che, per effetto di una precisa scelta legislativa improntata alla depenalizzazione dei reati minori, determina, oggi, l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie ed interdittive in luogo di quelle penali.

Al centro del sistema sanzionatorio introdotto dal D. Lgs. n. 507/1999 vi è la Centrale d’Allarme Interbancaria, un archivio informatizzato istituito presso la Banca d’Italia, che registra le irregolarità attinenti non solo agli assegni ma anche alle carte di credito ed ha lo scopo di elevare il grado di affidabilità dei predetti strumenti di pagamento.

In particolare, presso l’archivio informatizzato vengono segnalati i nominativi di coloro che hanno emesso assegni “senza autorizzazione” o “senza provvista” o di coloro ai quali sia stata revocata l’autorizzazione all’uso di carte di credito e di debito a causa di mancati pagamenti relativi a transazioni e/o prelevamenti effettuati con gli stessi.

Il responsabile di emissioni illecite di assegni è, pertanto, punibile, ai sensi degli artt. 1) e 2) della L. n. 386/1990, come modificata dal d.lgs. n. 507/1999, con l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ed è soggetto all’applicazione di ulteriori misure di carattere inibitorio, finalizzate ad escludere, in via temporanea, l’utilizzo di tale strumento di pagamento.

L’inserimento del nominativo del soggetto responsabile dell’emissione di un assegno “senza provvista”, nel segmento C.A.P.R.I. della C.A.I. determina la cd. “revoca di sistema” ed alla predetta iscrizione si deve riconoscere un’efficacia costitutiva, ovvero solo dal momento in cui il nominativo del soggetto segnalato viene iscritto nell’apposito segmento in essere presso l’archivio informatizzato, la revoca acquista efficacia di diritto e si applica la sanzione civile della cd. “interdizione bancaria” rappresentata: – 1) dalla revoca di tutte le autorizzazioni ad emettere assegni, per il periodo di sei mesi; – 2) dal divieto, per Istituti bancari ed uffici postali, di stipulare nuove convenzioni di assegni e di pagare assegni tratti dal medesimo dopo l’iscrizione nell’archivio, anche se emessi nei limiti della provvista.

L’Ente segnalante è, pertanto, il soggetto attivo che determina l’applicazione della sanzione, senza la necessità di controllo da parte del Prefetto e del Giudice, e esercita tale potere senza alcun margine di discrezionalità, non essendo la segnalazione vincolata ad una valutazione circa le ragioni del mancato pagamento, né tanto meno, come accade per la segnalazione a “sofferenza” della Centrale Rischi, ad una valutazione sulla solvibilità dell’autore dell’illecito.

Il soggetto passivo della sanzione è il traente ovvero il soggetto che ha emesso l’assegno non pagato per difetto di provvista; se il conto corrente è cointestato, ed uno solo dei cointestatari è stato interessato dalla sanzione dell’interdizione bancaria, la stessa non si estenderà ai cointestatari, mentre se il conto corrente risulta intestato ad una Società, la revoca disposta nei confronti dell’Amministratore p.t. determinerà anche la revoca dell’autorizzazione di tutti i conti della Società e di quelli personali.

Considerate le rilevanti conseguenze della misura interdittiva, la disciplina prevede, a tutela del responsabile della condotta trasgressiva e per la sola ipotesi di emissione di assegno senza provvista, un obbligo di carattere informativo a carico dell’Ente segnalante, rappresentato dal “preavviso di revoca” e la possibilità di estinguere il procedimento sanzionatorio attraverso il cd. “pagamento tardivo”, nei modi e tempi previsti.

In ordine all’obbligo informativo posto a carico dell’Ente segnalante va evidenziato che il “preavviso di revoca” deve essere effettuato con atto scritto, inviato, per telegramma o raccomandata a/r ovvero altro mezzo concordato tra le parti, di cui sia certa la data di spedizione e quella di ricevimento, entro 10 giorni della presentazione al pagamento, con l’avvertenza che, alla scadenza del termine di 60 giorni concesso per il “pagamento tardivo” ed in mancanza di prova idonea a confortare il predetto adempimento, il nominativo verrà iscritto nell’archivio informatizzato C.A.I., con la conseguente revoca di ogni autorizzazione ad emettere assegni.

In ordine al cd. “pagamento tardivo” va, invece, evidenziato che rappresenta una facoltà concessa al responsabile della condotta trasgressiva di estinguere il procedimento sanzionatorio effettuando un pagamento che comprenda, per espressa previsione normativa, oltre all’importo portato dal “titolo”, gli interessi legali, la penale prevista dall’art. 3 della Legge n. 386/1990 e le eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente.

Il predetto “pagamento tardivo”, per poter determinare l’estinzione del procedimento sanzionatorio, deve intervenire nei limiti temporali previsti ovvero nei sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione all’incasso del titolo e deve essere provato attraverso una quietanza liberatoria, con firma autenticata, rilasciata dall’originario beneficiario dell’assegno.

All’inserimento del nominativo presso la Centrale d’Allarme Interbancaria consegue, inoltre, la trasmissione della segnalazione al Prefetto, che entro 90 giorni dalla ricezione notifica all’interessato gli estremi della violazione ex art. 14 L. n. 689/1981, da considerarsi termini perentori, il cui mancato rispetto determinano l’estinzione dell’obbligazione relativa alla sanzione dovuta.

Il Prefetto concede il termine di 30 giorni per la presentazione di osservazioni difensive, nelle quali è possibile richiedere l’audizione personale del soggetto che ha emesso l’assegno non pagato per difetto di provvista, la cui mancata audizione è stata, però, ritenuta compatibile con la caratteristica di celerità del procedimento sanzionatorio e, quindi, non rappresenta causa di illegittimità dell’Ordinanza motivata che definisce il procedimento avverso la quale è sempre possibile proporre impugnazione davanti all’Ufficio del Giudice di Pace ex art. 22/bis L. n. 689/1981.

Francesco Mazzella si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli ed ha svolto il tirocinio professionale in Napoli, presso lo studio legale ‘Ernesto e Francesco Procaccini’.
Abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, esercita l’attività professionale occupandosi, tra l’altro, del contenzioso civile, con attività prevalente nel settore bancario e finanziario ed intrattenendo diverse collaborazioni professionali.
Nel 2016 si è abilitato come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento.
Dall’aprile del 2017 è stato eletto Presidente della Confprofessioni Campania, partecipa ai lavori del Partenariato Regionale Economico e Sociale della Regione Campania e dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro presso Regione Campania.

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