Le segnalazioni presso la Centrale d’Allarme Interbancaria

Quali sono le conseguenze del mancato pagamento degli assegni per difetto di provvista?

Il mancato pagamento di un assegno, bancario o postale, per assenza di provvista configura un’ipotesi di illecito che, per effetto di una precisa scelta legislativa improntata alla depenalizzazione dei reati minori, determina, oggi, l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie ed interdittive in luogo di quelle penali.

Al centro del sistema sanzionatorio introdotto dal D. Lgs. n. 507/1999 vi è la Centrale d’Allarme Interbancaria, un archivio informatizzato istituito presso la Banca d’Italia, che registra le irregolarità attinenti non solo agli assegni ma anche alle carte di credito ed ha lo scopo di elevare il grado di affidabilità dei predetti strumenti di pagamento.

In particolare, presso l’archivio informatizzato vengono segnalati i nominativi di coloro che hanno emesso assegni “senza autorizzazione” o “senza provvista” o di coloro ai quali sia stata revocata l’autorizzazione all’uso di carte di credito e di debito a causa di mancati pagamenti relativi a transazioni e/o prelevamenti effettuati con gli stessi.

Il responsabile di emissioni illecite di assegni è, pertanto, punibile, ai sensi degli artt. 1) e 2) della L. n. 386/1990, come modificata dal d.lgs. n. 507/1999, con l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ed è soggetto all’applicazione di ulteriori misure di carattere inibitorio, finalizzate ad escludere, in via temporanea, l’utilizzo di tale strumento di pagamento.

L’inserimento del nominativo del soggetto responsabile dell’emissione di un assegno “senza provvista”, nel segmento C.A.P.R.I. della C.A.I. determina la cd. “revoca di sistema” ed alla predetta iscrizione si deve riconoscere un’efficacia costitutiva, ovvero solo dal momento in cui il nominativo del soggetto segnalato viene iscritto nell’apposito segmento in essere presso l’archivio informatizzato, la revoca acquista efficacia di diritto e si applica la sanzione civile della cd. “interdizione bancaria” rappresentata: – 1) dalla revoca di tutte le autorizzazioni ad emettere assegni, per il periodo di sei mesi; – 2) dal divieto, per Istituti bancari ed uffici postali, di stipulare nuove convenzioni di assegni e di pagare assegni tratti dal medesimo dopo l’iscrizione nell’archivio, anche se emessi nei limiti della provvista.

L’Ente segnalante è, pertanto, il soggetto attivo che determina l’applicazione della sanzione, senza la necessità di controllo da parte del Prefetto e del Giudice, e esercita tale potere senza alcun margine di discrezionalità, non essendo la segnalazione vincolata ad una valutazione circa le ragioni del mancato pagamento, né tanto meno, come accade per la segnalazione a “sofferenza” della Centrale Rischi, ad una valutazione sulla solvibilità dell’autore dell’illecito.

Il soggetto passivo della sanzione è il traente ovvero il soggetto che ha emesso l’assegno non pagato per difetto di provvista; se il conto corrente è cointestato, ed uno solo dei cointestatari è stato interessato dalla sanzione dell’interdizione bancaria, la stessa non si estenderà ai cointestatari, mentre se il conto corrente risulta intestato ad una Società, la revoca disposta nei confronti dell’Amministratore p.t. determinerà anche la revoca dell’autorizzazione di tutti i conti della Società e di quelli personali.

Considerate le rilevanti conseguenze della misura interdittiva, la disciplina prevede, a tutela del responsabile della condotta trasgressiva e per la sola ipotesi di emissione di assegno senza provvista, un obbligo di carattere informativo a carico dell’Ente segnalante, rappresentato dal “preavviso di revoca” e la possibilità di estinguere il procedimento sanzionatorio attraverso il cd. “pagamento tardivo”, nei modi e tempi previsti.

In ordine all’obbligo informativo posto a carico dell’Ente segnalante va evidenziato che il “preavviso di revoca” deve essere effettuato con atto scritto, inviato, per telegramma o raccomandata a/r ovvero altro mezzo concordato tra le parti, di cui sia certa la data di spedizione e quella di ricevimento, entro 10 giorni della presentazione al pagamento, con l’avvertenza che, alla scadenza del termine di 60 giorni concesso per il “pagamento tardivo” ed in mancanza di prova idonea a confortare il predetto adempimento, il nominativo verrà iscritto nell’archivio informatizzato C.A.I., con la conseguente revoca di ogni autorizzazione ad emettere assegni.

In ordine al cd. “pagamento tardivo” va, invece, evidenziato che rappresenta una facoltà concessa al responsabile della condotta trasgressiva di estinguere il procedimento sanzionatorio effettuando un pagamento che comprenda, per espressa previsione normativa, oltre all’importo portato dal “titolo”, gli interessi legali, la penale prevista dall’art. 3 della Legge n. 386/1990 e le eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente.

Il predetto “pagamento tardivo”, per poter determinare l’estinzione del procedimento sanzionatorio, deve intervenire nei limiti temporali previsti ovvero nei sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione all’incasso del titolo e deve essere provato attraverso una quietanza liberatoria, con firma autenticata, rilasciata dall’originario beneficiario dell’assegno.

All’inserimento del nominativo presso la Centrale d’Allarme Interbancaria consegue, inoltre, la trasmissione della segnalazione al Prefetto, che entro 90 giorni dalla ricezione notifica all’interessato gli estremi della violazione ex art. 14 L. n. 689/1981, da considerarsi termini perentori, il cui mancato rispetto determinano l’estinzione dell’obbligazione relativa alla sanzione dovuta.

Il Prefetto concede il termine di 30 giorni per la presentazione di osservazioni difensive, nelle quali è possibile richiedere l’audizione personale del soggetto che ha emesso l’assegno non pagato per difetto di provvista, la cui mancata audizione è stata, però, ritenuta compatibile con la caratteristica di celerità del procedimento sanzionatorio e, quindi, non rappresenta causa di illegittimità dell’Ordinanza motivata che definisce il procedimento avverso la quale è sempre possibile proporre impugnazione davanti all’Ufficio del Giudice di Pace ex art. 22/bis L. n. 689/1981.

Francesco Mazzella si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli ed ha svolto il tirocinio professionale in Napoli, presso lo studio legale ‘Ernesto e Francesco Procaccini’.
Abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, esercita l’attività professionale occupandosi, tra l’altro, del contenzioso civile, con attività prevalente nel settore bancario e finanziario ed intrattenendo diverse collaborazioni professionali.
Nel 2016 si è abilitato come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento.
Dall’aprile del 2017 è stato eletto Presidente della Confprofessioni Campania, partecipa ai lavori del Partenariato Regionale Economico e Sociale della Regione Campania e dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro presso Regione Campania.

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Ipotesi di nullità per le cd. fideiussioni omnibus

Lo schema negoziale predisposto dall’A.B.I. viola la disciplina della Concorrenza e del Mercato

 

Le cd. “fideiussioni omnibus” sono garanzie personali, diffuse nella pratica bancaria, attraverso le quali un soggetto terzo (fideiussore) garantisce le obbligazioni già assunte o da assumersi dal debitore principale in favore del creditore.

L’A.B.I. – Associazione Bancari Italiana, nello svolgimento delle proprie prerogative associative, predispone degli schemi negoziali aventi ad oggetto condizioni generali di contratto che le Banche possono utilizzare nei rapporti con la Clientela.

Nell’ottobre dell’anno 2002, l’A.B.I. concertò con diverse associazioni di Consumatori uno schema negoziale relativo al contratto di “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” (cd. fideiussioni omnibus), tra l’altro già oggetto di modifiche su indicazioni fornite dalla Banca d’Italia, per rilievi di incompatibilità di alcune clausole negoziali alla disciplina della Concorrenza e del Mercato.

Va, in proposito, considerato che la Banca d’Italia ha esercitato, sino all’anno 2006, le funzioni di tutela della Concorrenza nel settore bancario, successivamente attribuite all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, e che la predetta banca d’Italia, con Provvedimento n. 55/2005, ha rilevato il contrasto di diverse disposizioni contenute nello schema negoziale predisposto dall’A.B.I. con l’art. 2, II comma, lettera a) della Legge n. 287/1990, ritenendo configurabile, nella vicenda in questione, un’intesa restrittiva della Concorrenza nel settore del credito bancario.

La Banca d’Italia ha rilevato la sostanziale uniformità dei contratti utilizzati dagli Istituti Bancari rispetto allo schema negoziale standard predisposto dell’A.B.I., riconducibile ad una consolidata prassi bancaria, anche preesistente allo schema negoziale predisposto dalla stessa Associazione, derogativo della disciplina ordinaria, suscettibile di aggravare la posizione contrattuale del fideiussore, ritenuto privo di un valida giustificazione e che, comunque, impediva un equilibrato contemperamento degli interessi delle parti.

In particolare l’attenzione della Banca d’Italia si è soffermata su tre clausole negoziali contenute nello schema uniforme predisposto dall’A.B.I.: a) la clausola derogativa della disciplina di cui all’art. 1957 c.c., che esonerava il creditore dal proporre le proprie istanze nei confronti del debitore entro un termine (sei mesi) dalla scadenza dell’obbligazione principale, pena la liberazione del garante; b) la clausola di “reviviscenza” della garanzia dopo l’estinzione del debito principale avvenuto per l’adempimento, per l’ipotesi in cui il creditore fosse tenuto a restituire le somme al debitore principale, impegnando, quindi, il fideiussore a tenere indenne il creditore”; c) la clausola che sanciva la permanenza della garanzia prestata dal fideiussore anche nell’ipotesi di eventuali vizi dell’obbligazione principale, impegnando, quindi, il fideiussore a garantire il creditore anche nell’ipotesi di invalidità dell’obbligazione principale o revoca del relativo pagamento.

La valutazione effettuata dalla Banca d’Italia in ordine alla predette clausole negoziali o, meglio, agli oneri aggiuntivi posti a carico del fideiussore rispetto alla disciplina ordinaria è che non contenessero alcun legame di funzionalità volto a garantire l’accesso al credito bancario, ma che si risolvessero, esclusivamente, nel tentativo di ribaltare sul fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza proprie degli Istituti Bancari, nella fase della predisposizione del contratto o, comunque, nella sua esecuzione.

Da tale valutazione e dall’ampia diffusione, nei contratti utilizzati dagli Istituti Bancari, delle clausole oggetto di verifica, la Banca d’Italia ha tratto la conclusione che il fenomeno non poteva essere ricondotto ad una dinamica spontanea di mercato, ma piuttosto agli effetti di un’intesa tra gli operatori sulle condizioni contrattuali da sottoporre alla Clientela, con la conseguente configurabilità di una violazione dell’art. 2, II comma, lettera a), della legge n. 287/1990 e, quindi, nullità di tali clausole contrattuali.

Merita di essere segnalata una recente Ordinanza della Corte di Cassazione, con la quale è stato affermato il principio in forza del quale anche i contratti stipulati anteriormente al richiamato provvedimento n. 55/2005, emesso dalla Banca d’Italia, possono essere affetti dalla nullità innanzi richiamata; il Supremo Collegio ha, infatti, affermato che: “in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dall’art. 2 della L. n. 287/1990, la stipulazione “a valle” di contratti o negozi che costituiscono l’applicazione di quelle intese illecite concluse “a monte” (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi A.B.I. in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel Mercato a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della Concorrenza” (Cass. Sez. I, Ord. 29810/2017 del 12.12.2017).

La Corte di cassazione ha, pertanto, evidenziato come l’illecito concorrenziale rappresentato dall’intesa tra gli Operatori del settore bancario relativo alle cd. “fideiussioni omnibus” realizzatasi “a monte” era, com’è, idonea a travolgere le negoziazioni “a valle”, rappresentate dalle fideiussioni prestate nei rapporti bancari, a prescindere dall’anteriorità al provvedimento adottato a conclusione dell’indagine dell’Autorità indipendente.

“Intervista” che gli Intermediari sono soliti effettuare mediante appositi “Questionari” e che devono assicurare che la raccolta delle “informazioni” sia utile a consentire l’attribuzione di un adeguato profilo di “rischio e rendimento” del Cliente e che, in ogni caso, sia effettuata in modo tale da consentire la genuinità delle “informazioni” e la consapevolezza dello stesso.

Francesco Mazzella si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli ed ha svolto il tirocinio professionale in Napoli, presso lo studio legale ‘Ernesto e Francesco Procaccini’.
Abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, esercita l’attività professionale occupandosi, tra l’altro, del contenzioso civile, con attività prevalente nel settore bancario e finanziario ed intrattenendo diverse collaborazioni professionali.
Nel 2016 si è abilitato come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento.
Dall’aprile del 2017 è stato eletto Presidente della Confprofessioni Campania, partecipa ai lavori del Partenariato Regionale Economico e Sociale della Regione Campania e dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro presso Regione Campania.

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Gli Intermediari Finanziari e la raccolta delle informazioni

La cd. “Intervista” al Cliente e l’importanza del Questionario
per una corretta profilatura.

 

Gli Intermediari Finanziari sono tenuti a raccogliere informazioni dal Cliente (“Known your customer rule”) per la cd. “profilatura” ovvero per la definizione del profilo di “rischio e di rendimento” del Cliente, necessario parametro di riferimento per valutare l’adeguatezza di ogni Operazione d’Investimento.

Sono diverse le disposizione del T.U.F. e del Regolamento Consob che disciplinano tale attività cui sono tenuti gli Intermediari e tra questi si segnala l’art. 39 del Regolamento Consob n. 16190/2007, rubricato “Informazioni dai Clienti nei Servizi di consulenza in materia di investimenti di gestione di portafogli”, che espressamente prevede: “Al fine di raccomandare i Servizi di Investimento e gli strumenti finanziari adatti al Cliente o potenziale Cliente, nella prestazione dei Servizi di Consulenza in materia di Investimenti o di gestione di Portafoglio, gli Intermediari ottengono dal Cliente o potenziale Cliente le informazioni necessarie in merito: a) alla conoscenza ed esperienza nel settore di Investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio;” … “2. Le informazioni di cui al comma 1, lettera a), includono i seguenti elementi, nella misura in cui siano appropriati tenuto conto delle caratteristiche del Cliente, della natura e dell’importanza del servizio da fornire e del tipo di prodotto od operazione previsti, nonché della complessità e dei rischi di tale servizio, prodotto od operazione: a) i tipi di Servizi, Operazioni e Strumenti Finanziari con i quali il Cliente ha dimestichezza; b) la natura, il volume e la frequenza delle Operazioni su strumenti finanziari realizzate dal Cliente ed il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; c) il livello di istruzione, la professione o, se rilevante, la precedente professione del Cliente”.

L’attività di “Raccolta delle Informazioni dal Cliente” appare strumentale al dovere previsto per gli Intermediari di fornire informazioni adeguate in merito ai prodotti finanziari proposti alla clientela e ciò non solo nell’interesse del singolo investitore, ma a tutela di un interesse generale quale quello dell’integrità e del buon funzionamento dei mercati finanziari e, proprio per tale caratteristiche è da considerarsi inderogabile alla volontà dei contraenti.

A riprova della rilevanza che riveste l’attività di “Raccolta delle Informazione dal Cliente”, l’Autorità Europea di Vigilanza, istituita con Regolamento UE n. 1095/2010, ha fornito diverse indicazione in proposito negli “Orientamenti ESMA” concernenti alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza prescritti dalla MIFID, tra l’altro, recepiti dalle Linee Guida dell’A.B.I., che, seppur non rappresentano obblighi assoluti per gli Intermediari, costituiscono criteri d’interpretazione dei requisiti di adeguatezza della Direttiva M.I.F.I.D. ed hanno lo scopo di garantire un’applicazione comune, uniforme e coerente della stessa.

In particolare, l’Orientamento n. 31 prevede che: “Prima di prestare Servizi di Consulenza in materia di Investimenti o di gestione di Portafogli, le Imprese di Investimento devono sempre raccogliere le <<Informazioni necessarie>> sulle conoscenze e le esperienze del Cliente, sulla situazione finanziaria e sui suoi obiettivi di Investimento”.

Vanno, poi, segnalati gli “Orientamenti” che prevedono la necessità, per l’Intermediario, di adottare politiche e procedure adeguate atte a consentire loro la possibilità di comprendere i dati essenziali sui loro Clienti e di predisporre “questionari” da far compilare ai loro Clienti o da compilare con loro durante le discussioni, strumenti abitualmente utilizzati dagli Intermediari.

Meritano, inoltre, di essere richiamati quei “Orientamenti” che incidono, in modo rilevante, sull’organizzazione interna degli Intermediari al fine di soddisfare esigenze di tutela del Cliente come:  – a) l’Orientamento n. 25 che prevede che: “le imprese di investimento sono tenute a garantire che il personale coinvolto in aspetti rilevanti del processo di adeguatezza possieda un livello adeguato di conoscenze e competenze”; – b) l’Orientamento n. 41 che prevede che: “le imprese di investimento dovrebbero adottare misure ragionevoli per garantire che le informazioni raccolte sui clienti sono affidabili”; – c) l’Orientamento n. 47 che prevede che: “se l’impresa di investimento ha un rapporto continuativo con il cliente, dovrebbe adottare procedure adeguate al fine di conservare informazioni aggiornate ed adeguate sul cliente”.

A ciò va aggiunto che l’attività di “Raccolta delle Informazioni” rientra tra quei obblighi di comportamento che la Legge pone a carico degli Intermediari Finanziari e che gli stessi sono tenuti ad adempiere con diligenza, correttezza e trasparenza, anche nel rispetto degli artt. 1176 e 1375 c.c. e che, ai sensi dell’art. 23, VI comma, del T.U.F., sono gli Intermediari tenuti, nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento, a provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

Da quanto innanzi evidenziato possiamo, pertanto, concludere che vi è una sensibile attenzione alla “profilaturadel Cliente anche mediante la cd. “Intervista” che gli Intermediari sono soliti effettuare mediante appositi “Questionari” e che devono assicurare che la raccolta delle “informazioni” sia utile a consentire l’attribuzione di un adeguato profilo di “rischio e rendimento” del Cliente e che, in ogni caso, sia effettuata in modo tale da consentire la genuinità delle “informazioni” e la consapevolezza dello stesso.

Francesco Mazzella si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli ed ha svolto il tirocinio professionale in Napoli, presso lo studio legale ‘Ernesto e Francesco Procaccini’.
Abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, esercita l’attività professionale occupandosi, tra l’altro, del contenzioso civile, con attività prevalente nel settore bancario e finanziario ed intrattenendo diverse collaborazioni professionali.
Nel 2016 si è abilitato come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento.
Dall’aprile del 2017 è stato eletto Presidente della Confprofessioni Campania, partecipa ai lavori del Partenariato Regionale Economico e Sociale della Regione Campania e dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro presso Regione Campania.

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Centrale Rischi della Banca d’Italia: cos’è e come funziona?

Il Cliente ha diritto ad ottenere il risarcimento dei danni per l’illegittima segnalazione “a sofferenza” effettuata dall’Intermediario Bancario.

 

La Centrale Rischi della Banca d’Italia è un sistema informativo strutturato che raccoglie e fornisce informazioni sull’indebitamento della Clientela degli Istituti Bancari ed ha lo scopo di migliorare la qualità degli impieghi e favorire la stabilità del sistema creditizio nel suo complesso.

Attraverso la Centrale Rischi gli Intermediari ottengono informazioni utili per la valutazione del merito creditizio della Clientela ed, in genere, per la gestione e l’analisi del rischio del Credito, rappresentati da un flusso di dati statistici complessivi sul mercato del Credito.

Gli Intermediari segnalanti, tenuti alla diligenza qualificata del cd. “accorto banchiere”, devono garantire l’esattezza dei dati segnalati ed, in particolare, l’aggiornamento e la veridicità degli stessi, in quanto sono gli unici depositari delle informazioni che generano le segnalazioni che, in caso di errore, devono essere corrette.

Tra le informazioni fornite dagli Intermediari merita, particolare, attenzione la segnalazione “a sofferenza”, dal momento che rappresenta un alert circa la condizione di “insolvenza” del Cliente e, quindi, consente agli Intermediari di effettuare valutazioni prudenziali circa l’opportunità di concedere ulteriore Credito o di mantenere in essere affidamenti in precedenza concessi.

Appare, pertanto, evidente l’estrema rilevanza per l’accesso al Credito Bancario per la Clientela di tale informazione, dal momento che una segnalazione “a sofferenza” effettuata da un Intermediario può precludere al Cliente l’erogazione di nuovo Credito o, addirittura, determinare la revoca di affidamenti già in corso con altri Intermediari.

Proprio per la rilevanza di tale informazione la Circolare della Banca d’Italia n. 139/1991, al capitolo II, sezione 2, paragrafo 1.5, rubrica “Sofferenze”, dal 4.3.2010, prevede per l’Intermediario segnalante l’obbligo di inviare una preventiva informazione scritta al Cliente, che deve contenere una motivazione dettagliata e specifica circa le valutazioni effettuate dall’Intermediario in ordine allo stato patrimoniale del Cliente, in modo da consentire allo stesso di essere a conoscenza delle ragioni sottese alla valutazione effettuata dall’Intermediario e, nel caso, di formulare altrettante specifiche e dettagliate contestazioni.

Nell’ipotesi in cui la valutazione effettuata dall’Intermediario non dovesse essere corretta appare possibile configurare una responsabilità in capo all’Intermediario sia di natura contrattuale, per la violazione dei canoni di correttezza e buona fede, che devono essere intesi come fonte di integrazione del contratto intercorso tra le parti, richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio secondo le norme generali ex artt. 1374 e 1375 c.c. sia di natura extracontrattuale, per la violazione di diritti dell’oggetto leso (Tribunale di Verona 27.4.2014).

La Giurisprudenza ritiene che si possa proporre cumulativamente sia l’azione contrattuale sia quella extracontrattuale essendo, tra l’altro, possibile anche configurare, per un medesimo caso concreto, il concorso tra titoli di responsabilità (Cassazione Civile, Sezione I, 21.6.1999, n. 6233).

Va, inoltre, considerato che l’illegittima segnalazione “a sofferenza da parte dell’Intermediario può generare per il Cliente segnalato un danno di natura patrimoniale, rappresentato dalle conseguenze negative di carattere economiche connesse alla segnalazione ed, in particolare, connesse ad eventuali revoche di affidamenti in essere presso altri Intermediari o per la mancata erogazione di ulteriore Credito.

Nel contempo, l’illegittima segnalazione “a sofferenza può generare un danno di natura non patrimoniale, rappresentato dalla lesione all’immagine e, nel caso di soggetti imprenditori, alla reputazione commerciale.

Merita, infine, adeguata considerazione la determinazione del danno occorso al Cliente nel caso di erronea, o meglio, illegittima segnalazione “a sofferenza” effettuata presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, considerato che può risultare difficoltoso, per il danneggiato, fornire specifica e dettagliata prova dell’entità del danno subito.

In proposito è bene evidenziare che gli artt. 1256 e 2056 c.c. consentono, espressamente, di determinare equitativamente l’entità del risarcimento del danno nel caso in cui risulti impossibile o, comunque, estremamente difficoltoso fornire la prova dell’entità del pregiudizio sofferto dal danneggiato, sempre a condizione che risulti certa l’esistenza del pregiudizio sofferto (Cass. n. 8421/2011).

Francesco Mazzella si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli ed ha svolto il tirocinio professionale in Napoli, presso lo studio legale ‘Ernesto e Francesco Procaccini’.
Abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, esercita l’attività professionale occupandosi, tra l’altro, del contenzioso civile, con attività prevalente nel settore bancario e finanziario ed intrattenendo diverse collaborazioni professionali.
Nel 2016 si è abilitato come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento.
Dall’aprile del 2017 è stato eletto Presidente della Confprofessioni Campania, partecipa ai lavori del Partenariato Regionale Economico e Sociale della Regione Campania e dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro presso Regione Campania.

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Il diritto del Cliente ad ottenere copia della documentazione bancaria

Necessario per intraprendere un’azione legale efficace nei confronti di un Istituto di Credito è disporre della documentazione contrattuale e contabile del rapporto bancario.

 

Il Cliente ha diritto ad ottenere copia della documentazione sia contrattuale che contabile del rapporto intercorso con l’Istituto Bancario, considerato che l’esame della documentazione appare indispensabile per verificare il corretto svolgimento del rapporto obbligatorio intercorso tra le parti.

Va, in proposito, considerato che l’art. 119 Testo Unico Bancario prevede uno specifico obbligo, per gli Intermediari, di fornire copia della documentazione inerente alle “singole operazioni” poste in essere dal Cliente, nel limite temporale fissato in anni dieci.

La norma speciale richiamata prevede, espressamente, che l’Intermediario è tenuto a fornire la documentazione richiesta dal Cliente entro un congruo termine e, comunque, non oltre i novanta giorni dalla richiesta, con l’addebito, a carico del richiedente, dei soli costi di riproduzione della documentazione.

Il tenore letterale dell’art. 119 T.U.B. ed, in particolare, i riferimenti testuali alle “comunicazioni periodiche” ed alle “singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni” consentono di ritenere applicabile la predetta norma speciale, esclusivamente, alla documentazione contabile e non già alla copia dei contratti intercorsi tra le parti.

In realtà il diritto di ricevere copia dei contratti sottoscritti tra le parti è un diritto più ampio di quello previsto dalla norma speciale innanzi richiamata, riferibile ad entrambe le parti del rapporto, ed è riconducibile al dovere generale delle parti di un rapporto obbligatorio, ex art. 1175 c.c., di agire secondo le regole della correttezza, facendo applicazione del principio della “buona fede”, ex art 1375 c.c.. (Cass. n. 12093/2001; Cass. n. 11004/2006).

In ogni caso l’art. 117 T.U.B. prevede a carico dell’Intermediario l’obbligo della consegna alla Clientela di un esemplare del contratto sottoscritto, il che configura il diritto del Cliente ad ottenere una copia sia al momento della sottoscrizione sia successivamente, nel caso in cui la documentazione sia andata smarrita.

E’ bene precisare che tale diritto, che come abbiamo visto, esula dalla disposizione speciale dell’art. 119 T.U.B., non soggiace alla limitazione temporale prevista dalla predetta disposizione ovvero al limite decennale (Corte di Appello di Milano, n. 1796/2012) e permane anche dopo lo scioglimento del rapporto tra le parti, con l’unica limitazione della prescrizione decennale dalla data di estinzione del rapporto (ex art. 2946 c.c.).

Si può, pertanto, affermare che il diritto del Cliente ad ottenere una copia del contratto intercorso con l’Istituto Bancario è un diritto sostanziale autonomo la cui tutela è riconosciuta come situazione giuridica finale e non strumentale, con la conseguente irrilevanza, ai fini della configurabilità dello stesso, dell’utilizzazione che se ne intende fare della documentazione richiesta (Tribunale Monza, n. 95/2016) o della ragione per la quale non si dispone di una copia della stessa.

A tanto consegue che l’Istituto Bancario che non provveda a consegnare la copia del contratto, così come la copia documentazione contabile, ex art. 119 T.U.B., incorre in un inadempimento contrattuale ed in una responsabilità contrattuale che legittima il Cliente a richiedere il risarcimento danni, subordinato alla prova della sussistenza del danno ed alla sua quantificazione.

E’ il caso di evidenziare che, in caso di assenza di un contratto scritto, l’art. 117, I comma, T.U.B. prevede la sanzione tipica della nullità, con la conseguente applicazione, specie per la determinazione degli interessi passivi, della disciplina legale ex art. 1284 c.c.; tale ipotesi è, invece, diversa ed autonoma da quella disciplinata dall’art. 117, IV comma, T.U.B. ovvero della mancata indicazione, in un contratto scritto, del tasso d’interesse e delle condizioni praticate, che determina l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 117, VII comma, T.U.B.  ovvero, per la determinazione degli interessi passivi, l’applicazione dei cd. tassi sostitutivi B.O.T.. (Sentenza Trib. Parma, 23.3.2010, n. 427).

Francesco Mazzella si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli ed ha svolto il tirocinio professionale in Napoli, presso lo studio legale ‘Ernesto e Francesco Procaccini’.
Abilitato al patrocinio presso le Magistrature Superiori, esercita l’attività professionale occupandosi, tra l’altro, del contenzioso civile, con attività prevalente nel settore bancario e finanziario ed intrattenendo diverse collaborazioni professionali.
Nel 2016 si è abilitato come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento.
Dall’aprile del 2017 è stato eletto Presidente della Confprofessioni Campania, partecipa ai lavori del Partenariato Regionale Economico e Sociale della Regione Campania e dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro presso Regione Campania.

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